Al bambino che chiede
perché continui
ad aggrapparti a questa tua Terra,
che ha sempre centellinato
squarci d’azzurro della pozzanghera,
così vicina e lontana
da sembrare,
con la costa e le sue palme,
un ottuso miraggio,
e quella luce quasi un’offesa.
A questo bambino racconta
del torrente che consuma la ferita della tua Valle,
del suo respiro che accarezza il muschio sui tronchi,
e che, risalendo ai borghi,
sussurra ai tordi nei rovi,
scrolla i castagni,
s’infila sotto portici e i poggioli delle case sottane.
Mostragli le conche ulivate.
Gli alberi che stendono la loro ragnatela d’argento.
Le montagne impilate a mano dai vecchi.
Le sterrate che non s’arrendono al bosco.
I tetti d’ardesia, lassù dove il bosco dentella l’azzurro.
Quei crocchi di case al selvatico,
dove la sera restano solo una manciata di camini fumanti.
I ponti ingobbiti del fondovalle.
I giri d’acqua e le trote che salgono a galla d’estate.
Le costiere tagliate dai voli d’uccelli.
I pascoli che annegano il sole.
L’erba che s’inginocchia nel vento.
I funghi che divorano le radici dei faggi.
E anche i muri che ora spanciano,
aprendo voragini di ricordi.
Narragli storie che non abbiano solo
il sapore di favole antiche.
Di uomini piegati sul tridente,
avvinghiati a quella pertica
che batteva le olive
e scandiva il ritmo delle giornate.
Del turno di guardia alle carbonaie,
anche quando il maltempo frustava la valle
e l’acqua corrodeva i loro giacigli di frasche.
Dei rosari sgranati all’ombra di un’incrollabile fede,
del latino biasciato tra fredde panche di chiesa
e di statue di santi divorati dalla luce delle candele.
Delle donne che, sulla via per le stalle,
tenevano la lanterna tra i denti e in mano i secchi del latte.
Delle maestre che, sulle carraie tra un paese e l’altro,
consumavano suole, imbastivano lezioni e
s’allenavano a far coltivare sogni.
Della stufa di ghisa che,
sbadigliando in classe,
scandiva l’appello come la più bella delle preghiere.
Ma, soprattutto,
racconta a quel bambino
dell’amore,
della fatica,
dell’ostinazione
che hanno reso questa tua Terra
un altare al sacrificio e alla bellezza.
E spiegagli che anche le stelle, nella tua Valle,
per rispetto,
si mettono in fila in una stretta striscia di Cielo.
E quelle che restan da contare sono, sempre,
le più luminose e belle.